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sabato 25 aprile 2015 - 18:59:56

Discorso 25 aprile 2015



25_aprile_2015.jpgCarissimi concittadini,
mi preme salutare le autorità civili, religiose e militari presenti a questa manifestazione. Un abbraccio speciale all’Associazione Nazionale Partigiani di Cesano Boscone e agli allievi dell’orchestra della scuola media Alessandrini che con la loro presenza ci riempiono di orgoglio.

Quello che celebriamo oggi è per me il primo 25 aprile da sindaco ed ha inevitabilmente un sapore particolare. Non è la prima volta che mi trovo a festeggiare questa importante ricorrenza da membro delle istituzioni, ma nella giornata odierna lo faccio dopo essermi svestito dei panni dell’uomo di parte, cercando di rappresentare la comunità cesanese tutta e sentendo la responsabilità di essere una cellula di quel tessuto che costituisce l’Italia Repubblicana.

La festa della Liberazione è Festa di tutti gli italiani. Tra tutte le date che celebriamo in ricordo della nostra storia è e resta quella di maggior valore.

Siamo ai 70 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Mai l’Europa ha conosciuto un periodo di pace così lungo e fecondo. Lo dobbiamo ai tanti che prima combatterono i totalitarismi e poi ebbero la lungimiranza di ricostruire l’Italia e il Vecchio Continente partendo dai pilastri di quelle Istituzioni democratiche che conosciamo.

alessandrini_25aprile.jpgNon fu solo il frutto di elaborazioni di menti eccelse, ma furono idee di progresso che si trasformarono in valori e lavoro di popolo. Come non ci sarebbe totalitarismo senza l’assenso di sudditi, non c’è posto per la democrazia laddove non vi sia il cemento delle profonde convinzioni liberali di cittadini.

Ed è proprio qui che nasce la mia preoccupazione.

Passano gli anni e sono sempre meno i testimoni di quelle tragedie. L’esercizio della Memoria è sempre più insidiato dall’oblio, dall’ignoranza, dal disinteresse.

Le nuove generazioni, che non sono precipitate in quell’abisso, spesso non hanno coscienza di cosa l’esperienza del fascismo abbia rappresentato per il nostro Paese. La possibilità di accedere ai più svariati punti di vista fornita da strumenti quali la rete, in assenza di un fervido spirito critico alimentano visioni idilliache degli anni del fascismo e aprono la strada ai più squallidi ed improbabili tentativi di revisione storica.

Ancor più pericolosa è la sottovalutazione dei rischi che corriamo. Nell’opinione pubblica, benché in stragrande maggioranza ostile a fascismi e dittature, è invalsa la convinzione che la storia non si possa ripetere e che le condizioni odierne siano completamente diverse rispetto a quelle scaturite dalle macerie della prima guerra mondiale e dalla miopia dei trattati seguenti.

Non è così.

L’esempio più eclatante è il razzismo. 

I nazisti spesero non poche energie per ricercarne delle basi scientifiche, al fine di inculcare in maniera più credibile le imbarazzanti nozioni di superiorità della razza ariana - e di inferiorità delle altre - alla popolazione. Da anni ormai sappiamo che la scienza ha dimostrato l’infondatezza di quelle tesi e ciò nonostante constatiamo che non solo il razzismo è riaffiorato ma è tornato ad essere fenomeno di massa, seppur in forme più ipocrite, grazie alla cassa di risonanza garantita dai media e agli sciacalli che si sono resi interpreti dei moti più viscerali della gente.

Succede così che di fronte alla più grande tragedia del mare degli ultimi anni, il cordoglio e la pietà lascino il posto all’odio e al risentimento.

Credo sia doveroso a tal proposito, che proprio oggi questa piazza come tutte quelle d’Italia, ricordi quei morti e si interroghi fattivamente su come gestire questa emergenza umanitaria in modo da mettere al primo posto la dignità di quelle persone, a volte scappate da totalitarismi, guerre ed oppressioni, sempre in fuga dalla miseria con la speranza di poter costruire un futuro.
Le reazioni peggiori che osserviamo in questi momenti sono anche il frutto dei tentennamenti e delle incertezza della politica e delle istituzioni italiane ed europee nell’affrontare questi temi.

Una domanda retorica che si sente giustamente spesso ripetere è se i Padri Fondatori dell’Europa - Schuman, Adenauer, Spinelli, Bech e De Gasperi, per dirne alcuni - avrebbero affrontato questa complessa emergenza umanitaria come i governanti europei li affrontano nel 2015.

Probabilmente no. Sicuramente no.

Qualche anno fa si diceva che a fronte del declino economico europeo, il Vecchio Continente sarebbe rimasto per il resto del mondo un riferimento spirituale, l’ancora dei diritti, asilo per gli oppressi, la culla della civiltà.

Stiamo perdendo anche questo patrimonio, benché sia per noi genetico, insito nella nostra storia e alla base dei nostri modelli sociali. 

Siamo passati da un’Europa dei valori all’Europa del pragmatismo?

No, siamo passati da un Europa con una chiara visione politica del suo ruolo a un Continente allo sbando senza un’idea di quale posto debba occupare nel mondo.

Lo scrittore tedesco Gunther Grass, coscienza inquieta del ‘900 e da poco scomparso, nel 2012 di fronte alle sanzioni comminate alla Grecia, scrisse il poema “Ignominia d’Europa” che si conclude con questi versi:

Priva di spirito deperirai senza il Paese
il cui spirito, Europa, ti ha inventata

Chi ha forgiato il sogno di un continente senza frontiere - proprio perché solo un’Europa finalmente unita non sarebbe più stato il proscenio di altre sanguinarie guerre - mai avrebbe paventato la possibilità che uno dei membri storicamente più significativi potesse abbandonare perché questa via è tracciata dai grafici degli indici economici.

A loro modo erano pragmatici quegli uomini. 

Lo furono anche quando nel redigere la nostra Costituzione individuarono nel rapporto democrazia-lavoro l’equazione fondativa del sistema repubblicano.

Articoli fondamentali quali l’articolo 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (...)

o l’articolo 36

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa

ci insegnano che libertà, eguaglianza e solidarietà non possono che poggiare sulle basi di coscienze liberate dalla schiavitù del bisogno, della necessità materiale, della miseria.

La politica oggi non può pensare che una volta garantita la correttezza delle procedure e l’onestà degli spiriti abbia assolto il suo compito. Certo, per il nostro Paese sarebbe un passo in avanti rilevante… ma non possiamo ridurre il ventaglio delle possibili scelte - ossia la politica - a una mera distinzione tra corretto e scorretto e la giustizia a legalità.

Affinché le istituzioni democratiche reggano, abbiamo bisogno di giustizia sociale. E per avere giustizia dobbiamo avere lavoro. Ecco dove sta il legame.

Permettetemi allora di rivolgere un pensiero alle tante realtà del territorio che in questi mesi sono a rischio chiusura (Ecare, Fisar, oltre alle tante piccole attività commerciali che recentemente hanno abbassato le serrande). 

Emblematico poi è il caso di questi ultimi giorni: l’ipermercato Auchan. Dietro un marchio così famoso e una struttura così imponente c’è la fragilità di oltre 400 famiglie, il ci futuro è da 48 ore appeso ad un filo.

Ognuna di queste situazioni ha una storia a sé che va valutata e compresa. Ma le istituzioni ce la devono mettere tutta per difendere questi posti di lavoro. Sono battaglie difficili a volte impossibili. Non bisogna prendere in giro nessuno ma scendere in campo per ciò che si è e per ciò che realmente si può fare.

Difendendo la dignità di quei lavoratori, le istituzioni difendono se stesse.

Buon 25 aprile! 
W la Resistenza! 
W la Costituzione! 
W l’Italia.

(le immagini sono state "prese a prestito" dal bell'album di Adonella Gandini)



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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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