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giovedì 21 luglio 2016 - 11:21:28

Occhio alla Nuova Legge sulla Casa della Regione!



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Lunedì 18 luglio, ore 23 circa. Al teatro Piana fa un caldo pazzesco. Un po’ la serata, di per sé torrida, un po’ le tante persone che a sorpresa si sono presentate per capire qualcosa di più sulla nuova legge regionale sui servizi abitativi (LR 16 dell'8 luglio 2016). Dopo l’esposizione della legge da parte del consigliere regionale Onorio Rosati e le mie riflessioni sulle conseguenze per Cesano, è il turno delle domande dal pubblico. Una signora interviene dicendo: “Il diritto alla casa svanisce”.

Breve pausa di riflessione. Ci penso. Questo nuovo testo comporta diverse preoccupazioni. Ma da solo, dobbiamo essere onesti, non può avere effetti così catastrofici. Però ci penso. Il diritto alla casa, il diritto ad avere un tetto sopra la testa, ad essere riparato dal freddo d’inverno da condividere con i propri cari. Beh, ma se non pagano o non han mai pagato han diritto a stare in un alloggio? E chi ha fatto sacrifici? Però per quante colpe possa avere una persona, pensarla in mezzo alla strada… no. Anche recentemente ce l’abbiamo messa tutta per evitare una serie di sfratti. Siamo riusciti a rimandarli una volta - grazie all’assenso del prefetto - ma dopo qualche mese l’ufficiale giudiziario si è presentato e ha fatto il suo mesto dovere.

Diverse delle persone che finiscono fuori casa prima si sono presentate da me. In molti casi, dopo lo sfratto, non le ho più viste né sentite. So che alcuni vanno a vivere con i familiari altrove. Altri tornano al paese di origine, spesso nel Meridione. Ma ho anche il dubbio che alcune finiscano nei dormitori, in macchina, sulle panchine. Magari sono riuscite ad affittarsi un box, dove hanno lasciato i mobili oppure il tutto è in qualche magazzino. Mi ha colpito il caso di una persona che è stata allontanata da Aler perché abusiva che aveva il problema di non poter accedere all’abbigliamento estivo in quanto i mobili erano in un capannone il cui gestore era fallito e quindi l’accesso all'armadio con i vestiti interdetto.

Quante piccole tragedie familiari silenti per via della casa. Se ci si pensa è un’esigenza fondamentale. Dopo l’alimentazione è forse la priorità per la persona. Più importante del lavoro: si lavora per convenzione, per poter avere le risorse economiche che permettono di vivere. Al di là di ciò che pensa qualche filosofo, per il quale il lavoro copre il vuoto della vita, facendo finta di darle delle regole, si può vivere bene senza lavorare. Senza una dimora no.

La crisi è lunga e mordente. In tanti non hanno reddito. Mi chiedo sempre se il sistema è in grado di reggere oppure se siamo destinati anche noi a veder sorgere le bidonville nelle nostre città. Non penso al Brasile ma più similmente alle grandi città americane, dove per effetto della crisi del 2008 in tanti sono passati dalle villette, magari per l’80% di legno, alle tendopoli. Fin qui suggestioni mie.

L’impressione è che per le politiche abitative si faccia sempre troppo poco. “Cosa sarebbero 200 milioni di euro all’anno messi a disposizione da regione per la casa, quanto impiega 17 miliardi sulla sanità?” diceva Rosati.

In effetti non c’è proporzione. Peraltro i 200 milioni sono rimasti solo una proposta del PD, Regione intende spendere molto meno.
Anche alla base della nuova legge emerge, tra le righe, una convinzione di Maroni e compagnia cantante che a mio avviso è completamente sbagliata: si pensa che le Aler debbano sostanzialmente essere in grado di raggiungere l’equilibrio di bilancio autonomamente, senza strutturati sostegni economici da parte di Regione Lombardia. Per farlo devono abbattere la morosità, aumentare gli affitti (non c’è scritto ma sarà automatico visto il passaggio dall’impiego dell’ISEE-ERP all’ISEE), probabilmente vendere. E ridurre le spese, tanto che nel solo quartiere Tessera scoprimmo un mese fa che 3 persone erano tenute ad occuparsi delle pulizie di un patrimonio di circa 970 appartamenti. Spazi esterni inclusi ovviamente.

Sono fortemente convinto che si tratti di una legge con un’impostazione calvinista e punitiva. Quasi a dire che le difficoltà di Aler sono legate esclusivamente a chi non paga canone e spese e all’abusivismo. Il problema sussiste, ma questa lettura fa ovviamente comodo a chi governa oggi la regione. Sappiamo che c’è molto di altro… Il buco di 400 milioni di euro è legato soprattutto alla malagestione del centrodestra degli anni scorsi: investimenti sbagliati (nel 2015 risultavano 255 milioni di mutui), speculazioni edilizie, un sistema di subappalti in cui ad ogni passaggio venivano drenate risorse, migliaia di appartamenti sfitti, sprechi inutili. I responsabili ci sono: alcuni sono stati condannati, altri lo sono per responsabilità oggettive (a capo sempre il Celeste Formigoni).

Si stima che “solo” per riqualificare il patrimonio di Aler siano necessari oltre 1.5 miliardi di euro (nel dossier si parla di 709 edifici che cadono a pezzi). Come pensano di poterlo fare se un affitto medio si aggira intorno ai 150-200 euro?
 
L’approccio è ben descritto dalla gogna a cui si vuole esporre chi non paga o è abusivo (art.7 comma 4, ossia le liste di proscrizione):

Fermo restando l’obbligo per le ALER di dare piena attuazione alle disposizioni statali in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza, le stesse ALER assicurano, con riferimento agli alloggi di proprietà, adeguate forme di pubblicità agli elenchi degli assegnatari, dei morosi colpevoli e degli occupanti senza titolo, nonché ai canoni di locazione o alle indennità di occupazione applicati.

Prioritario è ricercare efficienza. Combattere l’abusivismo e contrastare la morosità. Ma vista la natura sociale di questi alloggi è necessario aprire gli occhi e rendersi conto che senza un sostegno costante della regione, l’edilizia residenziale pubblica (oggi SAP, servizi abitativi pubblici) non può stare in piedi.

La legge, così ci è stato detto, comporta un cambio di paradigma: non si ragiona più della casa per la vita ma di un servizio, che segue le famiglie nel periodo in cui queste non sono in grado di accedere ad abitazioni sul libero mercato. Il servizio abitativo ha per sua natura durata temporanea.
 
Il principio può essere condivisibile. Ma bisogna capire cosa significa e che tipo di conseguenze può avere. L’articolo 23 comma 8 prevede:

“Il limite economico massimo per la permanenza nei servizi abitativi pubblici è stabilito dal regolamento regionale con riferimento all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare assegnatario. Gli assegnatari la cui situazione economica equivalente (ISEE) supera la soglia economica di permanenza decadono dal diritto di usufruire del servizio abitativo pubblico.”

La costante della legge è il riferimento a regolamenti che verranno diramati successivamente ad opera della Giunta regionale (così si taglia fuori il consiglio e le discussioni con le minoranze). Ma questo al momento è un dettaglio. La sostanza è che chi vive in alloggi SAP e supera un determinato reddito sarà obbligato a cambiare alloggio. Molto tranchant. Solo grazie a un emendamento presentato dal gruppo del PD in extremis si è previsto che anziani, invalidi e persone con gravi malattie fossero dispensate dal dover cambiare alloggio. Pensare a un vecchietto di oltre 80 anni che vive solo, o a un malato di tumore, che deve sobbarcarsi un trasloco è uno spettacolo rivoltante. Indipendentemente dal reddito.

Vedremo. Comunque l’impressione è che questa norma potenzialmente possa aprire a una certa mobilità nei quartieri popolari e questo fattore non necessariamente è un male. Il male è però rappresentato dalle politiche di assegnazione di Regione.

Piccolo inciso: di questa legge non si parla. La gente vuole sapere ma sui giornali e in rete ci si imbatte quasi esclusivamente in rimaneggiati comunicati stampa del centrodestra. E allora scopri che è una legge che “tutela i più poveri” che “alla base ha il mix sociale”.

Ecco qui casca l’asino.
 
Va detto che fino al 20% delle assegnazioni è riservato a situazioni di indigenza, nuclei familiari ciò sulla soglia della povertà assoluta. Nel famigerato articolo 23, il comma 6 ci tranquillizza invece su come regione Lombardia intende il “mix sociale”:

"L’assegnazione delle unità abitative è effettuata in modo da assicurare l’integrazione sociale attraverso la presenza di nuclei familiari diversificati per categoria e composizione, in base ai criteri stabiliti nel regolamento regionale di cui al comma 3, tenuto conto delle seguenti categorie: anziani, famiglie di nuova formazione, famiglie monoparentali, appartenenti alle forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza), disabili ovvero altre categorie di particolare e motivata rilevanza sociale."

Che dire? Chapeau!

Per il centrodestra i “nuclei familiari diversificati” non sono altro che “nuclei familiari diversamente disperati”. Detto con massimo rispetto ma è evidente che in questa concezione è prevista nero su bianco una deriva sociale dei quartieri popolari. Con pochi giri di parole. Quasi tutto è sulle spalle dei comuni: i servizi sociali del comune di Cesano su 2800 abitanti del quartier Tessera hanno in carico ben 279 persone (+66 che si rivolgono alla Caritas). Già oggi, il 12% della popolazione del quartiere manifesta un forte disagio. Che ne sarà domani se via via quelli che possono sostenere un affitto un po’ più alto e non hanno particolari problemi lasceranno il posto ad indigenti, ragazze madri, anziani, invalidi, extracomunitari ovvero altre categorie di particolare e motivata rilevanza sociale?

A ciò si aggiunga un particolare non di poco conto. D’ora in poi la programmazione delle politiche abitative sarà demandata al piano di zona che dovrà raccogliere dai vari comuni le disponibilità di alloggi da mettere a bando. E’ prevista anche la partecipazione di abitazioni private, dato che la riforma si rivolge anche ai cosiddetti servizi abitativi sociali (da distinguersi rispetto ai servizi abitativi pubblici). Giusto per precisare l’estensione della legge. 
Detto ciò quindi i cittadini di un distretto come il nostro potranno guardarsi in giro e nel ventaglio di offerta di alloggi messi a bando, ambire ad un alloggio in un comune diverso dal loro. Immagino conosciate la nostra zona: Cesano e Corsico sono i due comuni con reddito pro capite più basso e considerati ad alta tensione abitativa. Trezzano è messa un po’ meglio. Buccinasco, Assago e soprattutto Cusago sono comuni considerati ricchi, senza quartieri popolari. Bene. Ma allora secondo voi un cittadino con ridotte capacità economiche di Cusago o Assago dove si rivolgerà per un alloggio pubblico? A Cesano o a Corsico probabilmente! Quindi, non domani, ma nel tempo assisteremo probabilmente a comuni come Assago e Cusago che si alleggeriscono rispetto ai propri casi sociali, con comuni già poveri come il nostro che invece saranno progressivamente più poveri. Il carico dei nostri servizi sociali negli anni è aumentato considerevolmente in fatto di numero di casi. Ieri sera abbiamo approvato l’assestamento di bilancio dove non abbiamo potuto far altro che assistere all’aumento continuo della nostra spesa sociale, spesso per effetto di costi non comprimibili (ad esempio minori sotto tutela o integrazione rette da ricovero degli anziani). Pensate che potremo andare avanti così ancora per molto?

Questa legge ci poterà a una ghettizzazione spinta dei nostri quartieri.

Troppo è sulle spalle dei comuni e un comune che ospita sul suo territorio un quartiere popolare nei fatti lo deve vivere come una colpa. Benché la politica della casa dovrebbe essere almeno regionale, gli effetti di questa riforma sono sulle spalle dei comuni, soprattutto dei 6-7 comuni di medie-piccole dimensioni dell’hinterland milanese in cui molti abitanti vivono in locazione presso alloggi pubblici.

Non sono previsti interventi di mitigazione, né sociale né urbanistica.

Voglio dire, si pensa a una legge con effetti di questo tenore? Perché non prevedere allora qualche forma di compensazione che migliori il tessuto di queste periferie? Al Tessera manca una piazza, abbiamo una scuola fatiscente. E’ assurdo pensare che chi sta ai livelli superiori, sapendo del carico che un comune come il nostro sostiene, destini un paio di milioni di euro per migliorare il contesto? Nada. Paghiamo solo le conseguenze.

Poi capita di sentire i leghisti che nei salotti della TV parlano del rischio che i nostri quartieri diventino sempre più simili alle banlieu parigine, con tutte le conseguenze di emarginazione che conosciamo.

Alla mancanza di un adeguato sostegno ai comuni, aggiungiamo un’altra beffa. Il governo ha deciso di eliminare la Tasi e di compensare attraverso un trasferimento l’ammanco nelle casse comunali. L’anno scorso Aler aveva deciso di non pagare più l’IMU ma di pagare - con netto risparmio - la Tasi, argomentando che vista la valenza sociale non sarebbe corretto considerare i propri alloggi come abitazioni secondarie. Sta di fatto che al momento il Governo non ci ricononosce questo mancato gettito, pertanto rispetto al 2012 abbiamo perso 250.000 euro. E’ mai possibile che un patrimonio di 970 appartamenti per un comune valgano solo 9.000 euro di tassazione sulla casa?

Un ultimo tema. Nonostante le correzioni ottenute grazie ad alcuni preziosi emendamenti del PD, l'aiuto alle famiglie in difficoltà si estrinseca sempre più verso “programmi volti al recupero dell’autonomia economica e sociale” con interventi sulle situazioni di morosità incolpevole. Si cerca di individuare l’evento scatenante (perdita del lavoro, morte di un coniuge) che ha causato le difficoltà del nucleo e si pensa di poter tamponare la falla con misure di carattere una tantum o temporanee. Nulla è stato previsto in materia di prevenzione, come nel caso di persone che rischiano di diventare morose e nemmeno si riflette sulle cronicità. Al di fuori del male endemico dell’assistenzialismo fine a se stesso, infatti, esistono casi che per mantere un alloggio devono continuamente essere sostenuti. E’ la situazione ad esempio di tanti anziani con la pensione minima, che magari riescono a pagare il canone ma che fanno decisamente fatica a pagare le spese. Qual è l’evento scatenante di queste fragilità? La pensione minima? Non lo è… Non c’è evento scatenante. Non li si aiuta? Mannò… c’è il comune. 

E se il comune non ce la fa più?




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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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