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giovedì 02 novembre 2017 - 12:02:47

Casa, Casa,Casa



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Quando ti capita di svolgere un’esperienza come quella da sindaco, ti rendi conto che ti trovi ad avere una visione e un livello di conoscenza diversi del paese che amministri. Non intendo migliori, ma diversi senz’altro. Un po’ perché ti devi occupare di questioni che mai avevi affrontato, un po’ perché hai a che fare con persone che diversamente non avresti avuto modo di incontrare.

Da questo punto di vista credo sia emblematico il tema della casa. Sono reduce da un pomeriggio di colloqui con i cittadini e, al di là delle peculiarità di ognuno, anche oggi in quasi tutti i casi mi son trovato a parlare di problemi abitativi. Dico “anche” perché da 3 anni a questa parte, con mia grande iniziale sorpresa, è la preoccupazione principali delle persone che ricevo. Ho sempre considerato questo aspetto come una conseguenza diretta della mancanza di lavoro ma con il tempo ho maturato una visione leggermente differente. E’ chiaro che spesso tali disagi sorgano in assenza di un’occupazione stabile, ma con l’esperienza mi sono convinto che su questo quadro incidano pesantemente le lacune delle politiche inefficaci e insufficienti promosse nel settore nel corso degli ultimi anni.

Chi ha problemi con la casa non sempre ha problemi con il lavoro. Spesso si ha a che fare con persone occupate e con bassi redditi, oppure e frequentemente con casi di separazioni/divorzi. Inoltre, chi si trova a non avere più una casa si sente più precario rispetto a una persona senza lavoro. La percezione è peggiore: ho raccolto testimonianze di chi si è trovato a far subire il trauma dello sfratto ai figli; ad essere ospitato da parenti o amici; ad avere i mobili con i vestiti in qualche box o magazzino; a dover andare in posta per sapere se gli è stata recapitata lì qualche lettera, non avendo più una residenza propria.

Le politiche abitative fanno acqua e spesso si rivelano non adatte alle esigenze attuali. Il tema casa non esiste nel dibattito pubblico italiano e, appena lo si affronta, qualcuno cala l’asso: “bisognerebbe costruire nuove case popolari”. Finita lì. Ciò che mi pare mancare, prima di tutto ed intuitivamente, è un sistema di edilizia popolare funzionante.
Nei continui passaggi di conduzione, Aler conferma di essere un carrozzone inefficiente e senza risorse. Tutte le persone che si rivolgono in comune - e che sono in posizioni piuttosto alte nella graduatoria - si meravigliano che il comune non arrivi ad assegnargli un appartamento perché “ci sono un sacco di alloggi liberi”. Potrebbe sembrare una leggenda metropolitana, un po’ come “le date tutte agli stranieri”, ma credo invece che abbia qualche ragionevolezza.

Prendendo questo esatto momento, il comune di Cesano ha la disponibilità di 5 alloggi da abbinare scorrendo la graduatoria. Perché questi sono quelli che Aler ci ha comunicato come assegnabili, anche ricorrendo allo “stato di fatto”. Informalmente però so gli appartamenti liberi sono molti di più, ma il comune non li può tenere in considerazione perché Aler non li ha segnalati.

Succede però che i cittadini arrivino a pensare che è il comune di Cesano - ovviamente nella figura del sindaco - a non voler procedere alla loro assegnazione. E su questo la fantasia galoppa. Una volta una signora si presentò da me dicendomi: “L’ha detto anche Barbara D’Urso (nota studiosa delle dinamiche abitative, ndr) che voi sindaci tenete nascosti gli appartamenti e non li date alla gente!”. 

In realtà, Aler mette a disposizione dei comuni solo una piccola parte degli alloggi liberi. Questa è la triste verità. Perché? Non per cattiveria, ma penso per una serie di questioni. Innanzitutto se un’abitazione viene rilasciata e presenta danni ingenti, è necessariamente Aler a doversi fare carico delle manutenzioni. E come noto Aler non ha grandi disponibilità, dovendo pescare da un calderone di risorse che vengono destinate a tutti i quartieri popolari di Milano e provincia. Capita così che un appartamento malconcio possa stare libero per mesi (anni?). Inoltre bisogna tener presente che dal momento in cui un alloggio si libera c’è una lunga fase burocratica che precede l’eventuale comunicazione al comune. E anche questa fa perdere tempo e fa sì che le case restino vuote. A ciò si aggiunga che credo che Aler si riservi una quota di vani per poter esaudire le richieste di cambio alloggio che gestisce in autonomia.E i comuni cosa possono fare? Nulla.

Io credo invece che per una questione di trasparenza, almeno una volta all’anno o in corrispondenza dei bandi, Aler dovrebbe comunicare ai comuni non solo il numero di appartamenti assegnabili ma anche il totale degli appartamenti liberi. Questo permetterebbe di misurare l’efficienza di Aler, di definire chiaramente le responsabilità e di far riflettere sui tempi. Porterò questa proposta al prossimo tavolo di Aler sulla trasparenza, organismo di cui faccio parte.

Detto delle lacune dell’edilizia popolare (o servizi abitativi pubblici, come saranno chiamati ora), credo che la politica della casa presenti un’altra mancanza, sempre a livello generale. Sono convinto che manchi un’estesa gamma di possibilità, soprattutto per quanto riguarda la locazione, che penalizza alcune fasce sociali.

Se penso a Cesano, ad esempio, passiamo dai canoni sociali di Aler - che può applicare solo Aler - a canoni concordati e moderati che comunque si aggirano intorno e superano ai 500 euro/mese. E stiamo parlando di un comune dove nel corso degli anni sono state fatte diverse cose sulla casa, a partire dall’accordo locale del 2000. Ma registro che nel settore privato non esistono canoni inferiori a questa soglia. Quindi o il cittadino bisognoso ottiene un alloggio Aler oppure è non è in grado di trovare un canone che sia per lui sostenibile. Come si può infatti pensare che con 700-1100 euro di stipendio si possa ogni mese pagare 500 euro (più le spese) di affitto e, magari, crescere un figlio?

Nel nostro piccolo abbiamo cercato di supplire, pur marginalmente visti i numeri, a queste difficoltà delle persone a basso reddito, rivedendo il nostro regolamento sugli alloggi di proprietà del comune. Si tratta di 16 piccoli appartamenti dispersi sul territorio che in passato sono stati messi nelle disponibilità dei servizi sociali e destinati ad anziani e disabili. In questo momento, solo 5 dei 16 risultano liberi. Abbiamo deciso però, oltre a prevedere un bando con conseguente graduatoria, di aprirli a persone a basso reddito - non indigenti - e di favorire in particolar modo le famiglie monoparentali. 

Nel corso di questi anni, mi sono reso conto che ragazze madri, padri e madri separati, sono finiti in un cono d’ombra nel nostro sistema di welfare. Poco si fa per loro e, complice la crisi, sono tra le situazioni più esposte ad un repentino arretramento sociale. Ne incontro quotidianamente. Spesso hanno un lavoro ma non un tetto. E fanno una fatica incredibile. Fino ad oggi per molti di loro un appartamento Aler è stato un miraggio (hanno un ISEE non alto ma neanche troppo basso, il nucleo familiare è poco consistente, magari vivono con i genitori e questo impatta significativamente sulla domanda…).

Oltre a prevedere premialità per questi casi nel regolamento, abbiamo deciso di partecipare a un bando regionale che mette a disposizione risorse per la manutenzione di appartamenti che vengano destinati a separati/divorziati. Speriamo. Devo registrare - positivamente - che la nuova legge regionale sulla casa e successivo regolamento sui servizi abitativi pubblici (e quindi su Aler) destinano una quota del 20% alle famiglie monoparentali. Non risolverà il problema ma comincia a essere qualcosa…




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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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