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sabato 04 novembre 2017 - 09:23:56

Discorso del 4 novembre 2017



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Cari Cittadini,

Un saluto alle autorità civili, religiose e militari presenti. Un ringraziamento ai ragazzi dell’Istituto “Leonardo da Vinci” che ci accompagneranno musicalmente, insieme alla banda di Cisliano, nel corso di questa bella cerimonia.

Celebriamo oggi le Forze Armate e l’Unità Nazionale, dato che, a seguito della cosiddetta “vittoria mutilata” della Prima Guerra Mondiale, al Regno d’Italia furono annesse Trento e Trieste, portando così a compimento il progetto Risorgimentale.

Nel centenario della disfatta di Caporetto, i venti di guerra sono lontani, per effetto sì di oltre 70 ininterrotti anni di pace, ma pure dello spostamento dell’asse degli equilibri mondiali verso l’Oceano Pacifico, con l’Europa, gigante assonnato, solo spettatrice nelle dinamiche che determineranno i nuovi assetti planetari. La scintilla delle prime due guerre mondiali è brillata nel Vecchio Continente e gli anni della Guerra Fredda hanno visto nell’Oceano Atlantico la cerniera del blocco occidentale. L’avvento dei nuovi protagonisti asiatici e il ritorno della Russia sullo scenario mondiale ha dapprima riacceso il Medioriente ed ha poi determinato nuove turbolenze nucleari. Tali episodi devono rappresentare per noi tutti un campanello d’allarme perché non possiamo affermare di esserne completamente avulsi alla luce del fatto che, attraverso il coinvolgimento di altre potenze, potrebbero comportare lo scivolamento verso un nuovo terribile conflitto atomico. Speriamo che la ragionevolezza prevalga  sulla volontà di potenza.

In un mondo sempre più globalizzato, questa ricerca di un nuovo equilibrio crea scosse che si irradiano sempre più capillarmente e spesso i contesti in cui si trovano ad agire le nostre Forze Armate, anche sul fronte interno, traggono origine a livello internazionale. 

Si tratta di sfide inedite rispetto a fenomeni di portata storica che per essere affrontati richiedono primariamente livelli di conoscenza, e poi strumenti ed organizzazione, di cui ancora non disponiamo.Abbiamo imparato quale minaccia rappresenti il terrorismo di matrice islamica degli ultimi anni, di come fondi la sua forza proprio sulla possibilità di colpire in ogni luogo, anche il più insignificante - e magari proprio perché il più insignificante - e sulla conseguente capacità di generare paura. A tal proposito permettetemi di ricordare le vittime dell’attentato di New York di martedì.

Sappiamo che agiscono a livello locale anche le mafie - e purtroppo da queste parti le conosciamo -  ma pure le loro relazioni, i loro interessi e i loro traffici sono riconducibili a disegni che valicano i confini e le nazioni. 

Negli ultimi anni l’Italia sta conoscendo un fenomeno migratorio dirompente e senza precedenti che spesso ha contorni drammatici e ci interroga sul destino di persone in fuga da una prospettiva di miseria, guerra e fame. Tentano di raggiungere l’Europa al costo di subire violenze e torture in qualche campo libico; di essere sepolti nel cimitero del Mediterraneo; o, se va meglio, di trascorrere l’inverno al freddo, continuamente respinti tra uno stato e l’altro.

Sono ambiti diversi, in cui però l’azione delle nostre Forze Armate richiede sempre più lo sviluppo di competenze, la creazione di corpi speciali, l’investimento sull’intelligence; organizzazioni maggiormente articolate e la necessità di collaborazioni più estese e dal respiro  marcatamente internazionale. Senza contare il ruolo crescente che stanno assumendo le nuove tecnologie, lo scambio di informazioni e l’informatizzazione dei processi, dalle reti di videosorveglianza di cui possono disporre i singoli comuni come il nostro agli enormi database che devono quotidianamente essere interrogati da più parti nel Paese.
 
A tal proposito, una possibile svolta storica che ancora troppo timidamente sta riprendendo impulso è la creazione di un Esercito Comune Europeo. Si tratta di un passaggio alquanto ostico perché presuppone quella coralità nella politica estera degli stati comunitari che fino ad oggi è sempre mancata. Ma qualora si avverasse, permetterebbe all’Europa di tornare ad occupare un posto di primo piano tra le superpotenze del mondo, consentendoci anche di assumere le adeguate contromisure sul fronte della Difesa.

E’ decisivo che questo tema rientri prepotentemente nel dibattito pubblico. Si tratta di un mattone imprescindibile nel rilancio del processo di integrazione europea, che negli ultimi anni ha subito alcuni colpi molto pesanti, buon ultima la Brexit.

Fino a qualche mese fa pareva che fossimo destinati a un prepotente quanto anacronistico ritorno di centralità degli Stati Nazionali, ma nell’arco di poco tempo questa spinta alla frammentazione ha trovato la sua modalità di espressione nell’affermazione di vecchi e nuovi regionalismi. 

Anche l’Italia, a pieno discapito della coesione territoriale che oggi festeggiamo, rischia in un futuro prossimo di dover fare i conti con tali tendenze. Forse è la conseguenza di non aver affrontato in maniera organica il complesso tema delle autonomie, che significa sia riconoscere e tutelare le peculiarità e alcuni punti di forza dei territori; che intervenire con coraggio su alcune attribuzioni, riconosciute costituzionalmente, che considerate oggi hanno tanto le sembianze di inspiegabili privilegi e naturale fonte di inefficienza. 

Il tutto però, dovrebbe avvenire senza perdere di vista l’ottica del Paese, rivendicando, sempre, quale valore fondante il principio di perequazione: in ogni stato democratico del mondo, anche nei più avanzati, esistono differenze nella distribuzione della ricchezza tra aree geografiche diverse e ovunque sono messi in atto meccanismi redistributivi a favore delle zone più povere. Tanto e giustamente si sottolinea come in Italia si stiano pericolosamente aggravando le disuguaglianze sociali, soprattutto legate al reddito. Meno si pone l’accento su come sia pesante il divario nell’accesso ai servizi, anche quelli essenziali, e come questa forbice si manifesti a livello territoriale, soprattutto tra Nord e Sud, incidendo su diversi aspetti della vita comune. Tanto facile quanto drammatico riflettere sull’accesso alle cure e al pietoso fenomeno del turismo sanitario. Meno intuitivo pensare alle tasse, ai posti e alla qualità dei corsi universitari; alla possibilità di poter affidare i bambini ad asili nido; fino alla refezione scolastica: pare che in alcune regioni meridionali quasi nessun comune offra agli alunni la possibilità di mangiare a scuola e del tempo pieno.

Parlare di coesione nazionale significa far riferimento al più forte collante della nostra nazione che è la solidarietà tra territori. Quella stessa solidarietà che ci ha visti, poco più di un anno fa, attivarci con commozione per sostenere le popolazioni colpite dal terremoto che ha devastato, ancora una volta, proprio il cuore d’Italia. Nel nostro piccolo viaggio a Montecavallo - a proposito: a breve una delegazione del nostro comune farà un ritorno in quella zona - abbiamo potuto assistere allo spettacolo dei tanti che si sono mossi, penso alla Protezione Civile e a tutte quei corpi, molti dei quali delle Forze Armate, e che hanno portato soccorso a quei centri drammaticamente scossi dal sisma.

Ci tengo a chiudere il mio intervento portando un commosso ringraziamento proprio a loro.

Grazie a tutti

Buon 4 novembre!



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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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