Dimenticato la password?

mercoledì 25 aprile 2018 - 09:43:19

Discorso 25 aprile 2018



25aprile18.jpg
Un caloroso saluto a tutti i presenti,

a partire dalle autorità civili, militari e religiose. Un ringraziamento all’ANPI di Cesano che come sempre non lesina gli sforzi per ravvivare la Memoria e per celebrare al meglio questa ricorrenza.

Il 25 aprile vive la contraddizione di essere il più alto momento istituzionale del nostro Paese, rappresentando la Liberazione dalla catastrofe del nazifascismo ma di non aver mai avuto un pieno riconoscimento. Ogni anno siamo a doverlo difendere, sempre con maggiore forza. Sarebbe inconcepibile in altri Paesi.

Anche quest’anno non mancano episodi bizzarri. A Todi il sindaco ha negato il patrocinio all’ANPI con l’accusa di essere di parte. A poca distanza da noi, a Corbetta, la solennità di questa giornata viene dileggiata invitando i manifestanti a svolgere il corteo sui marciapiedi a causa della mancanza della Polizia Locale. Si è scoperto poi che sul percorso previsto non siano presenti marciapiedi. Non dimentichiamo inoltre il solito revisionismo, per il quale il 25 aprile sarebbe la festa di tutti i caduti. Neanche “per la Libertà”, riescono ad aggiungere.

Il 25 aprile va coltivato e tolto dall’agone politico. I tempi sono maturi affinché si superino distinzioni ideologiche, facendo saldo affidamento su ciò che la storia ha decretato e sulla consapevolezza che siamo di fronte ad eventi, persone e popolo, quelli della Resistenza, che scrissero la Costituzione e gettarono le basi per l’Italia Repubblicana. Tertium non datur.

Personalmente non ci sto a considerare questa ricorrenza come momento di parte. E sono pure molto preoccupato di chi, sulla base di queste premesse, fa ricadere la Liberazione nel presunto superamento di destra e sinistra, quasi che fosse un inutile orpello ideologico.

Il rischio forse più grande che attualmente corre il 25 aprile non è la contrapposizione, ma l’indifferenza.

Un sondaggio di qualche giorno fa dell’Istituto EumetraMR ci dice che 1 italiano su 3 non è stato in grado di rispondere correttamente alla domanda: “Cosa si celebra il 25 aprile?” fornendo spesso risposte paradossali come “un giorno di vacanza”, “l’Unità d’Italia” e “Roma Capitale”. Ancora più preoccupante è che tale percentuale di errore si alza in particolar modo nella fascia dei quarantenni e spostandosi verso il Mezzogiorno.

Molti sono i fattori che pesano. Probabilmente ha un rilievo lo stato di difficoltà in cui versa la scuola italiana con tutto il sistema dell’istruzione - è cronaca di questi giorni - anche per via di programmi decisamente poveri e mal impostati su questi temi. 

Credo che al centro vi sia la profonda crisi che attraversano le democrazie occidentali, sistemi politici che di fondo, probabilmente, non reggono il passaggio dalle società di massa alle società degli individui. Il politologo inglese John Dunn ritrova nell’involuzione del concetto stesso di democrazia la causa di questo scompenso. Esiste infatti un solco di notevoli dimensioni tra l’idea primigenia di una forma di governo che garantisse, attraverso la rappresentanza, libertà e diritti ai cittadini e le degenerazione oligarchiche, sempre più diffuse, che rendono i governi facili prede di potentati economici in grado di condizionare comportamenti e voto attraverso il controllo dei mass-media. Secondo lo studioso britannico, avrebbe trionfato l’“ordine dell’egoismo”, dove l’uguaglianza, vero perno dell’ideale democratico, sarebbe stata affossata dalla pratica degli stessi sistemi democratici nel corso degli ultimi decenni.

Che futuro ha la democrazia in Italia e negli altri paesi Europei? Che sia un sistema di governo senza prospettiva e di sola transizione tra una dittatura e l’altra? A seguito del fallimento dei moti del 1848, il filosofo russo Alexander Herzen profetizzava:
“Un futuro che muore non è un futuro. La democrazia è soprattutto il presente; questa è lotta, negazione delle gerarchie, menzogna sociale del retaggio del passato; è fiamma purificatrice delle forme che hanno fatto il loro tempo e naturalmente si spegnerà non appena le mancherà il combustibile. La democrazia non può creare nulla; creare non è affar suo, diverrà un’assurdità dopo la morte dell’ultimo nemico.”

Si potrebbe rispondere che 150 anni di storia (e sostanzialmente di progresso) gli hanno dato torto. Ma sarebbe troppo facile archiviare così la sua pur lucida riflessione, meglio coglierne l’acume. Ho trovato veramente interessante il passaggio sul “combustibile” che sarebbe venuto a mancare.

In effetti anche la nostra democrazia non vive. Nella convinzione di essere così forti da soli da poter comprare tutto ciò che ci serve, sono venuti meno l’idea della nostra limitatezza, la sete di conoscenza e lo studio come principale leva di emancipazione; l’orgoglio del senso critico; infine, la scoperta dell’altro, l’esigenza di mettere insieme le reciproche debolezze. Il popolo si è fatto massa informe di consumatori, plasmabile a seconda delle esigenze delle élite economiche. 

Sviluppando questi ragionamenti, il pensiero corre alla casa-museo dei Fratelli Cervi, che ho avuto la fortuna di visitare qualche giorno fa in compagnia dell’ANPI. La tragedia di un’intera famiglia e l’eroismo di fratelli partigiani torturati e uccisi dai fascisti. 

Di colpo 7 contadini insorgono contro il nazifascismo? No. Come scrisse Salvatore Quasimodo:

“Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d'amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.”

C’è stato un mondo dietro a quella Leggenda, un Umanesimo appunto. C’era una coscienza che si è sviluppata partendo dai principi del cattolicesimo, dalle lezioni della terra e da quel mutualismo dei campi che in Emilia diede vita alle prime esperienze cooperative. Un’avanguardia contadina, come si è giustamente detto. E c’era qualche libro, il primo trattore, fame, anche di riscatto e di progresso, e un mappamondo, simbolo di un mondo da scoprire e di una visione che si voleva allargare a un campo visivo più ampio delle poche pertiche intorno al casolare.

Quanto stride la grandezza civile dei 7 fratelli Cervi con ciò cui assistiamo oggi… Quanto fa male? Da dove ripartire se intorno si scorge solo l’aridità del deserto?

E’ credibile una democrazia senza popolo? Per quanto abbiamo detto, no. Ma dobbiamo necessariamente puntare a un ritrovato senso di cittadinanza. Ci sarà bisogno di un’alleanza, tra le Istituzioni e tutti gli uomini di buona volontà. Una rete. Siamo i primi noi a dover condividere le nostre debolezze: serviranno una nuova Resistenza e un nuovo impegno: è mai possibile che si accendesse una scintilla in poveri uomini delle campagne analfabeti, schiavi del lavoro e con l’affanno di mangiare a sera e non si riesca a suscitare un impulso nelle nostre giovani generazioni, spesso istruite e in cerca di riscatto? Ci abbiamo provato o gettiamo la spugna prima di cominciare? Abbiamo l’obbligo di tentare e di crederci. Non abbiamo neanche contezza di quanto il nostro compito sia prezioso in questa fase grigia della Storia.

Come diceva il padre Alcide a chi gli chiedeva del dolore per i 7 figli persi: “Dopo un raccolto ne viene un altro. Andiamo avanti”. Sicuramente non mancano nella storia partigiana gli esempi a cui rifarsi.

Andiamo avanti!

W il 25 aprile!
W l’Italia che Resiste!




   Facebook MySpace Digg Twitter

Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

www.simonenegri.it © 2013
Comitato elettorale per Simone Negri Sindaco di Cesano Boscone
Amministrative 2014

E.Grava