News: Discorso del 25 Aprile 2017
(Categoria: Cesano)
Inviato da Simone Negri
martedì 25 aprile 2017 - 12:44:28


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Cari Cesanesi,

Siate i benvenuti a questa celebrazione del 25 aprile. 

Ci siamo ormai abituati, grazie al lavoro e alla passione dell’ANPI, al fatto che questa Festa arriva a Cesano al termine di un percorso di approfondimento. 

Sono occasioni preziose. Come quella di venerdì scorso in cui, passando in rassegna alcune figure di musicisti che hanno preso parte alla Resistenza, sono state illustrate vicende che hanno coinvolto interi paesi dell’Appennino tosco-emiliano, tra i luoghi che più conobbero la ferocia del nazi-fascismo.

Mi ha colpito la narrazione de “Il Violino di Cervarolo”, una piccola frazione di Villa Minozzo in provincia di Reggio Emilia, dove un ragazzo con la passione per la musica, Virgilio Rovali,  al momento di dover partire per la guerra, consegnò alla madre il suo prezioso strumento. A tante lettere, in cui descriveva ai familiari il desiderio di poter suonare nuovamente il suo violino, non ebbe risposta. E purtroppo c’era un motivo. Il 20 marzo 1944, a seguito della strage di Monchio, Susano e Costrignano, la divisione corazzata “Hermann Goring” con l’aiuto della guardia nazionale repubblicana raggiunse il piccolo borgo, radunò in un’aia 24 uomini, tra cui il parroco, e li massacrò. Successivamente i nazisti diedero fuoco al piccolo villaggio. Miracolosamente, nonostante i morti e l’incendio, il violino venne ritrovato intatto.



A ripercorrerla, quella Storia, racconta di eccidi, stragi, violenze che hanno segnato la vita di intere famiglie, di tante piccole comunità. Quella Storia non volò alto: a tutti purtroppo venne riservato il privilegio di conoscerla, e non dai banchi di scuola e dai libri. Alle persone più semplici, a quei lavoratori di valli semisconosciute che loro malgrado si sono ritrovati al centro di trame internazionali. Senza aver neanche mai pensato di essere parte in causa. E senza realmente esserlo stato. Vittime del repentino passaggio della Storia. Di quella Storia.

Oggi appare tutto cristallizzato, sconosciuto e comunque irripetibile. Del resto, non si può chiedere alle nuove generazioni di portare le cicatrici e patire il dolore lontano di quei fatti, anche se magari hanno riguardato le loro famiglie.

Quanti di noi conoscono vicende come queste? Senza l’ANPI e il suo lavoro di ricerca, di studio e di promozione di una memoria condivisa questo doloroso ed incredibile patrimonio nazionale finirebbe in archivio.

Il senso del 25 aprile passa anche da quei monti. Per far capire da quale incubo collettivo l’Italia si risvegliò e dopo quali eventi quel violino riprese a suonare.

Per un’assurda quanto apparente contraddizione, a me pare che più il tempo passa - e più quei fatti sono distanti - più i significati profondi della Festa della Liberazione sono attuali.

Non credo alla ciclicità della storia e credo che ogni momento sia unico, spazialmente e temporalmente determinato. Ma resto convinto che vi siano tendenze, fenomeni e tratti comuni. Ci sono causalità ed effetti che si sono ripetuti, anche a distanza di pochi anni. Se penso all’Europa del ventesimo secolo, sappiamo che le due guerre mondiali hanno seguito il radicarsi dei nazionalismi, delle misure protezionistiche, delle crisi economiche. Sappiamo anche che l’“uomo forte” ha spesso rappresentato una risposta sbagliata alla fibrillazione di democrazie fragili, incapaci di soddisfare bisogni primari dei cittadini, a volte anche perché incapaci di interpretarli.

Il quadro internazionale ci deve preoccupare non poco. 

E’ in atto una vera e propria corsa agli armamenti, con relative prove muscolari, che vede coinvolte tutte le principali potenze. Lo scenario è quello di un mondo multipolare che pare alla ricerca di nuovi equilibri e in cui sono sempre meno le democrazie e quelle che lo sono, lo sembrano sempre meno.

L’Europa, che dall’alto della sua storia e dei suoi valori, potrebbe essere il soggetto più dotato di capacità di mediazione e di promozione della Pace, è irrilevante nello scacchiere sopra descritto e rischia di sbriciolarsi per effetto di forze disgreganti endogene ed esogene, per la miopia della troika che la conduce, per non saper governare con mezzi adeguati il fenomeno migratorio. 

So quanto è difficile oggi parlare di Europa Unita. Ma dobbiamo spenderci con tutte le nostre forze non per criticare quanto si è fatto finora ma per rimarcare quanto ancora non è stato fatto ed è da fare in tema di integrazione europea. Un processo ancora in larga parte incompiuto. Dobbiamo far capire che un’Europa più forte ed autorevole è condizione imprescindibile per evitare di diventare subalterni ed affamati da vecchie e nuove super potenze. Proprio per questo parlare di “sovranismo” è una truffa: attualmente il ritorno agli stati nazionali così come li abbiamo conosciuti ci condannerebbe alla stretta dipendenza politica, militare ed economica nei confronti di quelli che da fuori stanno cercando di minare il sogno europeo. Diventando possibilmente il terreno dei loro scontri.

La Storia non si ripete. Ma l’inconsistente presenza politica del nostro Continente e il suo faragginoso processo di integrazione è una costante che si ripropone.

Il 31 dicembre del 1983 nel corso del consueto discorso di fine anno, l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, esprimeva così le sue preoccupazioni per i difficili rapporti tra USA e URSS:

“si guardano con ostilita' le due superpotenze e adesso vanno rinnovando, mi dicono gli scienziati che sono venuti a trovarmi, i loro ordigni di guerra, perché ormai li considerano superati. Ne vanno costruendo altri piu' raffinati, altri che dovrebbero, naturalmente, essere piu' micidiali.
Se per dannata ipotesi, l' ho detto altre volte ma conviene ripeterlo, se questi ordigni fossero usati sarebbe la fine dell' umanita' .
Io sono con coloro che manifestano per la pace. È troppo facile dire che queste manifestazioni sono strumentalizzate. Sono giovani che scendono in piazza e vogliono difendere la pace, quindi vogliono difendere il loro avvenire. E c’è da tremare, non si può rimanere indifferenti di fronte a quello che sta accadendo e che può accadere con una nuova guerra. Sarebbe l'ultima guerra, perché sarebbe la fine dell'umanità intera.
E mentre si spendono miliardi per costruire questi ordigni di morte, 40 mila bambini muoiono di fame ogni giorno, 40 mila bambini. Questa morte di innocenti pesa sulla coscienza di tutti gli uomini di stato, quindi pesa anche sulla mia coscienza.”

Diceva, sempre Pertini:
“Vi è stato anche l'incontro ad Atene. Io speravo che ad Atene i capi di stato raggiungessero un accordo per dar vita veramente all' unità europea, per fare dell'Europa una grande nazione che con il suo potenziale umano, tecnologico, con la sua trazione storica, farebbe sentire il suo peso fra le due superpotenze. Invece ad Atene si è impedita questa vera unità europea.
Si vogliono escludere nazioni come la spagna e il portogallo per la questione degli agrumi, del vino. Questo è un ragionare da mercanti, non è più ragionare da uomini politici che hanno a cuore veramente le sorti dell' Europa e quindi del mondo intero.”

La storia non si ripete. Il contesto globale è completamente variato. Ma quanto è attuale nella riflessione di Pertini il legame emerso tra la mancanza di autorità dell’Unione Europea e l’incapacità di interlocuzione tra le Superpotenze? E quanto è vero che la debolezza del continente è legata alla sua frammentazione? Quanti mercanti preoccupati per le questioni degli agrumi e del vino abbiamo visto tra Bruxelles e Strasburgo?

E soprattutto, quanta Consapevolezza c’è nelle parole di Pertini! Quanta responsabilità. Quanta sete di Pace… Sono le doti di un uomo che ha conosciuto la guerra, il nazi-fascismo, che ha fatto e guidato la Resistenza, che contribuì alla rinascita del Paese. La Memoria di quegli anno lo segnò e gli fu compagna nel corso di tutta la sua vita. Chissà di quante immagini di devastazioni ed eccidi come quello di Cervarolo doveva serbare il ricordo.

Il 25 aprile è consapevolezza e responsabilità.

E se siamo consapevoli e responsabili, dobbiamo batterci in primo luogo per l’unità del fronte antifascista!

La festa della Liberazione deve essere celebrata insieme, non con cortei separati e alimentando inutili e pretestuose polemiche. Dobbiamo pensare tutti - associazioni, partiti, istituzioni - che siamo di fronte a un bene più grande!

Il 25 aprile è di tutti gli italiani e nessuno può impedire a chiunque si professi antifascista di partecipare liberamente.
Le storie, le sensibilità, gli accenti possono essere diversi ma o si è antifascisti o non lo si è. Questo fa e ha fatto sostanza: se i partigiani si fossero fermati di fronte alle diversità dei tanti gruppi che hanno fatto la Resistenza, l’Italia non sarebbe lo Stato democratico, libero e prospero e moderno che conosciamo.

W la Resistenza!
Buon 25 aprile!




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