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lunedì 06 dicembre 2021 - 19:20:16

Una Spinta dalla Provincia per Cambiare la Città Metropolitana



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Il 19 dicembre si terranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio della Città Metropolitana. 
 
Il Partito Democratico mi ha dato la possibilità di presentare la mia candidatura e ho voluto cogliere questa opportunità all’interno della lista “C+ Milano Città Metropolitana”. 
 
Si arriva a questo appuntamento quasi sottovoce, in sordina, sicuramente sull’onda lunga della grande vittoria del centrosinistra alle amministrative di Milano. Eppure credo valga la pena aprire un dibattito sulla Città Metropolitana, sul suo ruolo e sul suo funzionamento, a maggior ragione per fare un bilancio delle due intere consigliature che si sono susseguite. 
 
Credo sia il tempo di un progetto di radicale cambiamento di questa Istituzione. 
 
L’attuale intelaiatura non è funzionale per le sfide dei prossimi anni e sono convinto che vada ridefinito e bilanciato il rapporto tra la città di Milano e i comuni della provincia.

Già in questi giorni noi sindaci siamo impegnati con le prime misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si tratta di un’occasione epocale e sentiamo forte la responsabilità di far cogliere queste opportunità ai nostri territori, a beneficio delle nostre comunità e contribuendo complessivamente alla crescita del Paese. Siamo però consci che la realizzazione di progetti e obiettivi così sfidanti sarà possibile solo se ci muoveremo in maniera coordinata e strutturata e se troveremo nell’ente di governo dell’area vasta -  la Città Metropolitana appunto -  una regia, un supporto, la guida che possa mettere a sistema per tutto il territorio milanese per l’attuazione delle misure del PNRR. 
 
Esistono infatti profonde differenze tra le “macchine” dei diversi comuni, di consistenza, competenze - anche legate a fattori dimensionali - che possono portare a una ridotta attuazione del Piano e difforme da zona a zona. Si aggiunga che solo Milano sarebbe in grado di affrontare autonomamente le progettualità più ambiziose, rischiando così di acuire e non ridurre il ritardo della provincia rispetto al capoluogo. 
 
Milano, se non lavorerà come una vera metropoli, come una Grande Milano, rischia di fallire anche lei. O diviene chiaro che si vince e avanza assieme, o questa volta si perde tutti. 
 
Abbiamo bisogno di insistere, fin da subito, per una riforma complessiva delle Città Metropolitane. Deve andare di pari passo con il nuovo mandato amministrativo. Questa pressione verso il Governo va alimentata proprio da Milano, dove è più evidente la necessità di una nuova architettura istituzionale per questo ente che non deve solo disporre di più risorse economiche, ma deve anche essere messo nelle condizioni di governare, tenendone il passo, il territorio più dinamico e propulsivo d’Italia. 
 
La rinnovata Città Metropolitana deve riuscire, attraverso l’elezione diretta dei suoi rappresentanti, a raggiungere autorevolezza e riconoscibilità agli occhi dei cittadini che oggi le mancano. Deve superare da sola, con l’impegno comune, i difetti e le mancanze di chi la ha pensata solo a metà. 
 
Questo aspetto è centrale e proprio in questa occasione va sollevato. 
 
In questi anni abbiamo apprezzato come Milano, soprattutto sotto la spinta delle due amministrazioni progressiste che si sono succedute, Pisapia prima e Sala poi, si sia affermata come principale città italiana e abbia accresciuto il proprio respiro europeo e mondiale, anche grazie alla capacità di sfruttare al meglio i grandi appuntamenti internazionali e di essere credibile e ambita rispetto ai grandi investitori stranieri. Un modello che ha coniugato visione, efficienza amministrativa e attenzione alle tante fragilità sociali e ai diritti, battaglie sulle quali Milano è spesso stata promotrice e coscienza del Paese. 
 
E’ un modello, però, che non ha praticamente coinvolto i comuni della provincia. Incredibilmente lo straordinario fermento della città si è fermato ai suoi confini e, se non indirettamente, stenta a creare opportunità pure nei territori dell’hinterland adesi al capoluogo. La narrazione dei successi meneghini, dalla moda al bosco verticale, dai grandi eventi agli estesi progetti di rigenerazione urbana, risuonano nella ex provincia come un’eco lontana, di cui non ci si sente parte e rischiano di creare una frattura che non può e deve esistere. 
 
Il territorio metropolitano ne risulta profondamente diseguale ed è evidente che all’interno di esso si siano affermate diverse velocità di marcia con pochi comuni in grado di stare al passo della città. Inevitabilmente le contraddizioni di Milano si sono propagate in provincia: si pensi ai grandi temi ambientali e le decisioni conseguenti, quali l’inquinamento dell’aria, il traffico, i parcheggi; all’emergenza abitativa che spinge le fasce meno abbienti della popolazione a cercare casa nell’hinterland, determinando ovunque significativi rincari degli affitti. 
 
La forbice con la città si sta allargando. Basta osservare l’evoluzione di diversi parametri socio-economici (reddito medio, tassi di disoccupazione, possibilità di accesso alle cure sanitarie, scolarità) e fotografare la distanza che ancora esiste in settori chiave quali il trasporto pubblico, che ha compiuto certamente rilevanti passi avanti con l’introduzione del biglietto unico ma che è ancora largamente sofferente in molti centri della periferia. 
 
Non è colpa di Milano, s’intenda. Credo però che serva un governo politico di questi fenomeni, spesso distorsivi, ed individuo proprio in una rilanciata Città Metropolitana non solo l’ente di area vasta in grado di armonizzare tali squilibri ma una vera e proprio opportunità, non più rinviabile,  di riscatto per i comuni della ex provincia
 
Sono convinto che una maggiore integrazione tra città e provincia sia vantaggiosa per la stessa Milano. Innanzitutto perché la maggioranza dei cittadini milanesi – 1.95 milioni (contro 1,35 milioni) - risiede fuori dai confini del capoluogo e molti di loro vantano lo spirito di appartenenza in quanto ne sono lavoratori, studenti, utenti di servizi sanitari, turisti, animatori della vita sociale e culturale, del divertimento e dello svago. Ne sono quindi in gran parte la spina dorsale produttiva. 
 
Ha ragione inoltre chi ritiene che complessivamente Milano sia una città piccola territorialmente e questo deve indurre ad uno spostamento del governo di molti fenomeni dalla città all’ente di area vasta: mi riferisco chiaramente al già citato trasporto pubblico; alle politiche del lavoro e della formazione professionale; alla mobilità sostenibile; alla politica della casa, per cui servirebbe un’agenzia della casa metropolitana; all’istruzione superiore e alle università; ad una comune pianificazione territoriale, dall’individuazione di grandi aree per sviluppare nuovi poli per il settore terziario e industriali alla politica dei grandi parchi e delle aree agricole. 
 
Per questo motivo mi candido, perché credo che passi da un ritrovato protagonismo delle tante aree periferiche della ex provincia e dei loro eletti la vera possibilità di rilancio della Città Metropolitana. Questo processo ineludibile sarà possibile solo se chi rappresenterà i diversi territori acquisirà quella credibilità nei confronti di Milano tale da costruire, insieme con Milano e con la prospettiva della maggiore città del Nord Italia, una proposta di riforma di questo ente tanto strategico quanto sottovalutato
 
Mi candido per rappresentare l’area del corsichese-rozzanese e non solo, per garantire un’interlocuzione costante con i sindaci di questa e delle altre zone omogenee, che devono essere coinvolti, più che nella spesso pleonastica ratifica dei provvedimenti (come avviene oggi con la Conferenza dei Sindaci), in un percorso di condivisione delle scelte più qualificanti e di allargamento delle opportunità che si creeranno nel nuovo corso.
 
(l'immagine di copertina è tratta dal sito Osservatorio Urban@it)



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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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