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venerdì 05 ottobre 2018 - 15:31:25

Papa Francesco - Un uomo di Parola



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Grande serata al Cristallo per il debutto nelle sale di “Papa Francesco - Un uomo di Parola” di Wim Wenders. Per l’occasione sono stati presenti il compositore Laurent Petitgand e monsignor Franco Agnesi, oggi vicario generale della Diocesi di Milano. Ci tenevo a partecipare, più che per il film, per onorare la presenza dei due ospiti a cui ho consegnato una targa celebrativa. 

Un evento sicuramente avere a Cesano un maestro come Petitgand, autore delle musiche di alcuni dei principali lavori di Wim Wenders, e altrettanto significativa la presenza di “Don” Franco, che in un percorso ecclesiastico segnato da responsabilità crescenti, proprio a Cesano ha svolto la sua unica esperienza come parroco e che a Cesano è rimasto molto legato.

Come anticipavo, non avevo grandi aspettative rispetto al film. 

Apprezzo Wim Wenders, anche se non è in cima ai miei gusti cinematografici - ammetto di essermi addormentato durante la proiezione de “Il Cielo sopra Berlino” - e temevo che il film fosse il solito docufiction agiografico di persona ancora in vita.

Il film invece mi ha sorpreso. 

C’è il grande maestro: le immagini del volgere delle stagioni su Assisi in apertura sono un incanto; l’idea della camera fissa su Papa Francesco che parla nella sua lingua, lo spagnolo, abbattono da subito le distanze e mettono lo spettatore immediatamente a contatto con il personaggio; i filmati delle innumerevoli visite pastorali e la capacità di catturare momenti significativi denotano la grande sensibilità di Wenders.

Ma emerge soprattutto il Papa, a suo agio nel raccontarsi e nell’esporre con grande chiarezza ed empatia il suo pensiero. L’ambivalenza del titolo è subito spiegata: un uomo di Parola, per la fedeltà al Vangelo, e un uomo di parola, per la coerenza che dimostra.

Non è un teologo papa Francesco, o almeno non lo sembra. I suoi non sono i ragionamenti raffinati di un filosofo. Ma ha una visione estremamente coerente, chiara e una retorica magari semplice, ma capace di immagini in grado di colpire: “la povertà è un grido”, “la pedofilia dei sacerdoti è peggio di un crimine, condanna questi bambini a vivere a pezzetti”, “la globalizzazione dell’indifferenza”, che credo sia la più azzeccata.

Piace al regista il parallelismo naturale tra il Papa e San Francesco, cui chiaramente il Pontefice si ispira, per semplicità, per la ferma volontà di una chiesa povera, per aver messo al centro il tema del rapporto tra uomo e natura, per l’attenzione agli ultimi, per la ricerca della pace e del dialogo. 

L’esortazione che il Crocefisso rivolge a San Francesco “Francesco, va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina” non è la stessa missione di Papa Francesco rispetto alla destino della Chiesa? E anche il coraggio del Santo che durante le crociate parte per Gerusalemme per parlare con il sultano Al-Kamil non è lo stesso coraggio del Papa che vuole riportare la Chiesa all’essenzialità del messaggio del vangelo e che gira il mondo tra baraccopoli, favelas, centri profughi e approssimativi ospizi africani?

Forse, la più grande similitudine tra i due sta nell’apparente ereticità di entrambi, nell’essere “al limite”, fuori dagli schemi. Ma se la presenza di uno si è rivelata un toccasana per la Chiesa, rinnovando dal basso con nuova linfa, qual è il portato dell’altro, che appare sempre fuori posto a capo di una Chiesa che pare ingovernabile e (a lui) insofferente? Dove può portare la Chiesa e soprattutto come può essere la Chiesa del dopo-Francesco?

Per me, che non sono uomo di fede, l’aspetto più interessante però è un altro. Non riguarda la Chiesa. Sono le domande che mi suscita la figura rispetto al nostro guasto mondo. L’immagine di un uomo autorevole, carismatico che, pur con evidenti limiti di elaborazione, propone una visione diversa, una critica al sistema, un umanesimo comunque rivoluzionario perché al di là dei metodi sovvertirebbe lo stato delle cose. Lo fa sulla base della fede e di quei valori cha hanno fondato le democrazie moderne, a partire dall’uguaglianza tra gli uomini. Un uomo che da un lato raccoglie l’affetto e i bagni di folla delle periferie del mondo - mi ha colpito la sua popolarità in paesi non-cristiani - ma che si scontra, come chiunque porti messaggi simili oggi, soprattutto con l’indifferenza globale di cui lui stesso parla. 

Nessuno lo contesta, nè quando sferza i cardinali rispetto ai mali del clero, nè quando condanna l’economia delle armi di fronte al congresso americano. Lo lasciano parlare, qualcuno dorme, altri sono presi a fare foto con l’iPhone… l’evento, il Papa. Ma la sua azione, come quella di tanti altri, rischia di avere l’effetto di un sasso lanciato nello stagno: una volta che ha toccato il fondo, sono già scomparse le onde che ha provocato. Finisce lì. 

In un mondo indifferente, nessun cambiamento è possibile.

Andate a vederlo, al Cristallo da 4 al 7 ottobre.




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