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domenica 07 novembre 2021 - 09:14:05

Discorso del 4 novembre 2021



4nov21.jpgUn caloroso saluto a voi tutti intervenuti a questa celebrazione, all’Associazione Combattenti e Reduci di Cesano, al Comandante Giovanbattista Rubino che oggi qui, attraverso l’Arma dei Carabinieri, rappresenta tutte le Forze Armate, e a cui rivolgiamo il nostro ringraziamento per il costante e discreto lavoro nel territorio a tutela della sicurezza, della legalità, dei cittadini, spesso intervenendo a difesa dei più deboli e degli indifesi in contesti di gravi crisi familiari e sociali. 
 
Festeggiamo la ricorrenza istituzionale del 4 novembre, finalmente tornando in presenza, con il pubblico, la musica della banda e dell’associazione Echo ed avendo la piena possibilità di riflettere insieme su cosa questa data ha rappresentato e rappresenta per il nostro Paese. 
 
Quel giorno, 103 anni fa, veniva ufficializzata la fine della Prima Guerra Mondiale in virtù dell’armistizio firmato qualche ora prima presso Villa Giusti a Padova. L’Italia vide riconoscere così l’annessione di Trentino, Alto Adige, Istria e Trieste, ma non di Dalmazia e Libia, come originariamente previsto nel Patto di Londra, l’accordo segreto stipulato con le forze della Triplice Intesa nel 1915. 

Purtroppo, la retorica di quella “vittoria mutilata” non rese il Paese più florido, democratico e libero ma aprì le porte al ventennio fascista e alla Seconda Guerra Mondiale. 
 
Segnò, tuttavia, la fine del conflitto
 
Dopo 41 mesi di battaglie, le masse contadine ed operaie, i cui giovani erano stati rastrellati e trascinati in guerra inconsapevolmente e dopo aver pagato il prezzo più pesante in termini di fame, miseria e lutti, riassaporarono la pace. Alle spalle, la devastazione delle trincee, di vite di vent’anni gettate in pasto alle mitragliatrici nemiche come carne da macello, del gelo, del fango e delle malattie. Delle decimazioni, pratica disumana e selvaggia che, ancor più del disastro di Caporetto, di per sé basterebbe per rimuovere il nome del generale Cadorna da una delle piazze più importanti della Città di Milano. 
 
Il bilancio della guerra, dei suoi numeri, è più impietoso di qualsiasi immagine. L’Italia pianse 650.000 morti, 947.000 feriti, 600.000 prigionieri e dispersi, per un totale del 36% di perdite sulle forze mobilitate. Parliamo di più di 1 soldato su 3. Per due potenze “vincitrici”, quali Russia e Francia, le perdite furono rispettivamente il 76,3% e il 73,3%. Nel caso della grande sconfitta, l’Austria-Ungheria, la somma di morti, feriti e prigionieri/dispersi rappresenta addirittura il 90,0% delle forze mobilitate. 
 
Cosa si può aggiungere a questi numeri? Come si può rifuggire l’immagine dell’inutile strage evocata dallo storico quanto accorato appello di Papa Benedetto XV per la cessazione delle ostilità? 
 
No, non possiamo oggi imbastire qualsiasi discussione sul 4 novembre con i toni pomposi della vittoria. 
 
Certo, non sfugge che per chi visse quella fase così drammatica, a solo un anno dalla disfatta di Caporetto e dopo quell’immane sacrificio di sangue, ci fosse la necessità di invertire la narrazione, anche tenendo conto del pur rilevante successo militare dell’offensiva di Vittorio Veneto. Non sappiamo inoltre quali sarebbero state le conseguenze per un’Italia uscita sconfitta dal conflitto mondiale e pertanto ogni paragone ci è inibito. Però son passati più di 100 anni. 
 
Un periodo sufficiente per diradare le nebbie della propaganda e per una serena analisi storica. 
 
Se vittoria non fu, perché continuare ad onorare questa ricorrenza? La risposta a questa domanda risiede secondo me in ciò che ha rappresentato il Milite Ignoto
 
A tre anni dalla fine della guerra nei luoghi di confine c’erano ancora corpi di soldati ammassati. Vennero recuperati i resti di 11 militari senza identità in altrettante località diverse. Venne chiesto alla madre di un caduto irredente, Antonio Bergamas, di scegliere quale, tra gli 11 anonimi feretri, tumulare all’Altare della Patria. Maria Maddalena Blasizza, questo il nome della donna, venne scelta a rappresentare tutte le madri che piangevano un figlio morto in guerra e di cui non erano state restituite le spoglie. 
 
Vale la pena di ricordare che chi ispirò l’istituzione del Milite Ignoto, il colonnello Giulio Douhet, intendeva tale gesto come atto di riabilitazione dei soldati italiani a seguito delle accuse rivolte loro dai vertici militari - dal general Cadorna in particolare - per la disfatta di Caporetto. Nel bollettino di guerra del 28 ottobre 1917 ci si riferiva infatti alla “mancata resistenza di reparti della 2.a Armata vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico”. 
 
Secondo Douhet, con tale “feroce calunnia” si offuscava il il valore dei militari per nascondere l’insipienza e le responsabilità dei vertici militari: 

“Perciò al soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione.” 
 
Il viaggio in treno del feretro del Milite Ignoto toccò 100 città, da Aquileia a Roma e ovunque venne salutato con commozione e grande partecipazione popolare. Quelle spoglie senza nome, perso in una guerra alienante e disumana, recuperavano l’identità, stazione per stazione, di tutti i figli caduti in battaglia. Una Nazione giovane, che venne scaraventata divisa in guerra, si ritrovò unita in una mesta elaborazione collettiva del lutto. Nel centesimo anniversario della tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria è giusto riportare alla memoria quel momento simbolico che unì l’Italia, forse molto più delle modeste acquisizioni territoriali, quale tappa altamente significativa del cammino della nostra Nazione. 
 
Il 4 novembre ha senso per non relegare all’oblio tanto dolore, l’immagine di un Paese prostrato e devastato dalla miseria e dalla disgrazia, il ricordo e la fierezza della generazione dei nostri nonni, compagni di sventura al fronte. L’immane sacrificio di ragazzi ventenni strappati alle famiglie e ad un futuro radioso. 
 
Il 4 novembre ci ricorda quanto è determinante il ruolo delle Forze Armate. In un mondo quale quello in cui siamo oggi, che procede con difficoltà tra sfide secolari e nuovi equilibri geopolitici, la pace può essere garantita solo da eserciti pronti e moderni, il cui controllo sia fermamente in mano a governi democratici ed animati dalla Libertà, dal valore dei diritti umani e dalla necessità della loro strenua salvaguardia. Proprio per quell’Europa dilaniata al suo interno dalle due guerre mondiali, è giunto il momento di una comune Difesa, non solo per la minaccia di superpotenze militari, ma per la base comune di valori, da cui tutto discende, che è fermento del patto europeo. 
 
Il 4 novembre infine sia vissuto come una tappa-chiave della nostra storia. Non dimentichiamolo. Il suo insegnamento ci dia ancora più forza nell’affermazione della cultura della Pace, nel riconoscere che l’orrore delle guerre annichilisce qualsiasi retorica nazionalista, che la Democrazia – il non essere sudditi – è il terreno di incontro degli Uomini e su cui fiorisce la Libertà.   
 
Buon 4 novembre! W l’Italia!



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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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