domenica 06 novembre 2022 - 13:15:55
Discorso del 4 novembre 2022
Un caro saluto a Voi tutti partecipanti alla ricorrenza del 4 novembre. Celebriamo l’Unità d’Italia e le Forze Armate.
In quel giorno del 1918 entrò in vigore l’armistizio di Villa Giusti che permise all’Italia di impossessarsi dei territori di Trento e Trieste e soprattutto mise fine per il nostro Paese alla Grande Guerra.
Ci tengo a ringraziare della loro presenza i soci dell’Associazione Combattenti e Reduci di Cesano, che al fianco dell’amministrazione comunale organizza queste celebrazioni, ed il Comandante Giovanbattista Rubino che attraverso l’Arma dei Carabinieri rappresenta tutte le Forze Armate e a cui rivolgiamo apprezzamento e stima per il prezioso lavoro svolto con continuità nel territorio e che rende Cesano più sicura, giusta e vivibile. Grazie anche ai ragazzi dell’Echo Aps e alla banda di Cisliano.
Nel corso di questi anni, ovviamente con le distinzioni legate alla pandemia, abbiamo sempre celebrato la ricorrenza del 4 novembre. L’abbiamo fatto dal vivo, con il corteo, questi discorsi, cercando anche di approfondire e di coinvolgere la cittadinanza.
I sentimenti che legano ognuno di noi a questa data possono essere diversi, ma nell’ottica di un pluralismo largo, non solo politico ed ideale, che è linfa della nostra società, è giusto ricordare. Nessuno può dubitare del significato di quel passaggio per la nostra storia, del rispetto che dobbiamo ai tanti caduti e al dolore di tante delle nostre famiglie.
In queste poche ricorrenze - 4 novembre, 25 aprile, 2 giugno - c’è una consistente parte del nostro cammino comune, il nostro essere Nazione e c’è il senso di appartenenza e la riconoscenza alle nostre Istituzioni: oggi celebriamo le Forze Armate per il loro servigio allo Stato. Chiunque abbia incarichi di governo e rappresenti a qualsiasi titolo l’Italia ha il dovere di onorare queste giornate. Tertium non datur.
Il ricordo della Prima Guerra Mondiale, la follia da cui trasse origine, i nazionalismi che l’alimentarono, il quadro di turbolente dinamiche che determinò e che hanno aperto alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, necessariamente ci portano a riflettere sulla guerra in Ucraina.
Un conflitto in Europa, vicino a noi e che ci vede coinvolti. Ormai siamo a 255 giorni di ostilità e mentre il percorso della Pace fa fatica ad affermarsi, aleggia inquietante il richiamo alle testate atomiche. Le ragioni dell’invasione russa sono complesse e credo ancora non del tutto chiarite. E’ altrettanto oscuro se ci potrà essere una vincitrice tra le parti direttamente o indirettamente belligeranti. I rischi che corriamo sono evidenti e anche in caso di tregua, oggi come allora, si potrebbe determinare uno scenario fragile, un preludio di una catastrofe futura rappresentata da un possibile conflitto solo rimandato tra nuovi blocchi continentali.
Serve saggezza, mai come ora. E un richiamo all’umanità. Al senso profondo della Pace, al suo significato assoluto, che non può essere un concetto cangiante e asservito agli interessi di parte. Come quando ci riferiamo al 4 novembre e alla Prima Guerra Mondiale, dobbiamo considerare il peso che stanno affrontando le popolazioni civili, le persone comuni, gli eserciti, fatti spesso di soldati che combattono una guerra non loro.
Qualche tempo fa ho partecipato a un evento promosso da Terre des Hommes a Milano su un impegno congiunto per la ricostruzione della città ucraina di Irpin, tra le prime a cadere sotto i missili russi. A margine c’era una mostra sullo stato di distruzione determinato dalla guerra. A turbarmi, più degli scheletri dei palazzi sventrati, la foto di una coppia. Due anziani, un uomo e una donna. Lei morta e coperta da un velo macchiato di sangue, sdraiata su un lettino in una corsia d’ospedale dall’intonaco pallido. Seduto al suo capo, a fatica piegato per gli acciacchi dell’età ma completamente proteso sul corpo esanime della compagna, l’uomo le stringe la testa disperato.
Come non provare pietà per queste immagini? La stessa pietà che mi accompagna pensando ai poveri soldati russi che nell’aprile scorso sono stati impegnati a scavare trincee nella foresta accanto alla centrale nucleare di Chernobyl e per i quali è stata prevista una sopravvivenza di non più di un anno. E ancora: il 30 ottobre, in un solo giorno, l’esercito russo ha perso 1.000 uomini. Erano in gran parte ragazzi arruolati solo qualche settimana fa, senza una preparazione di nessun tipo. Si sono trovati di colpo con un fucile in mano da cui probabilmente non hanno neanche fatto in tempo a sparare un colpo.
Non è forse anche questa un’inutile carneficina? Una guerra che dopo mesi rischia di eternizzarsi e continua a destabilizzare il mondo, per cosa? Per l’avanzamento di qualche chilometro? Qualche giacimento di minerali nel Donbass? L’affaccio sul Mar Nero, il collegamento via terra della Crimea?
Rifletto anche sullo scenario più ottimistico, irrealizzabile alla condizioni date. Pensate se si dovesse firmare per la Pace proprio adesso. Si dovrebbe fronteggiare l’inverno. In Ucraina. Per popolazioni in gran parte senza casa. Ci vorrebbero anni per la ricostruzione, con uno sforzo necessariamente internazionale, me ne rendo conto proprio in questo periodo di intensa attività progettuale a livello locale, anche grazie ai fondi del PNRR. Con quale fatica e quali risorse si edificano nuove strutture, nuovi ponti, nuove strade e si garantisce l’accesso all’acqua, al riscaldamento, al cibo. Alle cure, per feriti, mutilati, orfani.
Quanto ci vuole per una nuova normalità, per tornare alla vita, se non di prima, alla vita e basta. Nulla può cancellare i traumi della guerra. Non solo fisici, anche mentali, tanto che dopo la fine della prima guerra mondiale ben 40.000 soldati italiani di ritorno dal fronte vennero rinchiusi nei manicomi e diverse migliaia di altri tornarono nei paesi d’origine a costituire la folta schiera degli “scemi di guerra”.
Chi ha vissuto la guerra, sa che anche quando è finita ti resta dentro. Fortunatamente siamo riusciti ad ascoltare le testimonianze, i racconti di alcuni che ci sono passati e hanno voluto ammonirci, trasformare la loro tragica esperienza in lezione per noi, per tutti.
Tra questi, sicuramente si è distinto per lucidità il nostro Gustavo Parolini che purtroppo ci ha lasciato qualche giorno fa, proprio poco prima le celebrazioni del 4 novembre cui ha sempre partecipato: molti di noi porteranno sempre nel cuore l’enfasi con cui leggeva la Preghiera dei Combattenti e Reduci!
“e tu Maria, Vergine Bella, … Castellana d’Italia”
Chiudo questo mio discorso tributandogli un affettuoso saluto ed il commosso ringraziamento della nostra comunità.
W il 4 novembre
W la Pace
W l’Italia
(foto di Francesco Caruso)
Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici -