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martedì 04 febbraio 2020 - 19:34:24

Un Appello per Sacra Famiglia e i Suoi Lavoratori



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Torno a esortare le parti affinché si giunga ad un accordo soddisfacente a favore dei lavoratori della Fondazione che stanno subendo un delicato passaggio contrattuale.  

Nonostante l’impegno preso da parte del consiglio comunale volto a sostenere il dialogo e il raggiungimento di un nuovo contratto integrativo, percepisco ahimé un irrigidimento delle posizioni che di certo non fa bene ad una riapertura del tavolo. 

Resto altresì convinto che tocchi alla dirigenza fare il primo passo, discutendo l’accordo su nuove e più convincenti basi. 

Proprio oggi mi sono recato in Sacra Famiglia e mi sono confrontato con alcuni lavoratori. Mi hanno mostrato i cedolini degli stipendi, da cui emerge in maniera palese che senza un’integrazione verrebbero lasciati sul campo più di 100 euro al mese per dipendente, oltre alla beffa di 2 ore settimanali in più non pagate. Parliamo di persone che lavorano quotidianamente a contatto con i disabili, su turni, con le notti. Allo stato delle cose, più l’attività è impegnativa (numero di turni) più i lavoratori sono penalizzati economicamente. 

Qualcuno potrà obiettare che non ci sono licenziamenti e che siamo di fronte a dipendenti a tempo indeterminato e, in una continua gara al ribasso, forse sono addirittura “privilegiati” rispetto ad altri, sicuramente rispetto ai neoassunti dalla stessa Fondazione che entrano a condizioni peggiori. Queste ormai sono le argomentazioni canoniche con cui si difendono operazioni di questo tipo (a questo proposito prego quelli che fanno girare nelle varie chat spezzoni dei miei ragionamenti di inviare i link per intero).

Nel caso specifico però vale la pena ricordare che si tratta di dipendenti con anzianità di servizio importanti - molti vicini alla pensione - tanto che alcuni di questi sono rimasti ingabbiati dalla legge Fornero e rispetto ai loro programmi (e anche a quelli della dirigenza) si trovano a dover lavorare anni in più. Va detto che da 13 anni non assistono a un rinnovo del contratto Aris-Aiop e che proprio con il passaggio già quest’anno ad Uneba - nonostante l’anno di ultrattività dei precedenti accordi - rischiano di perdere pure quei pochi euri in più del previsto probabile rinnovo. 

Possiamo stare zitti e dirci soddisfatti rispetto a stipendi da 1.000 euro scarsi che vengono tagliati e a cui viene aggiunto l’aggravio di altre 2 ore settimanali? Dopo tutto ciò che negli anni i dipendenti hanno perso, pagando colpe di certo non loro?

No, non possiamo stare in silenzio.

C’è una riflessione di fondo che continua a ronzarmi nella testa. A fronte di un ulteriore enorme sacrificio che si chiede ai lavoratori e alle loro famiglie, necessariamente ci deve essere il modo per arrivare a un accordo soddisfacente, che riduca al minimo possibile le perdite economiche e di diritti dei lavoratori. Anche “solo” 100 euro all’anno in meno di stipendio (sappiamo che per tanti è di più) per 900 lavoratori equivalgono a oltre 1.000.000 di euro che da qui in poi verrà risparmiato sugli stipendi da parte dell’azienda (qualcuno parla di cifre più alte, io faccio i conti della serva). 

E’ veramente tanto. Troppo! 

Una parte di queste risorse deve necessariamente tornare nelle tasche di quelle famiglie. Si riducano altre spese, spingendo la razionalizzazione del patrimonio, l’organizzazione, gli investimenti. Faccio fatica a pensare a chi è single (e magari ha figli) che deve pagare un affitto o un mutuo con 1000 euro/mese (e non ha magari nè sabato nè domenica).  Che vita è? Ci sono anche tante coppie che lavorano in Istituto e che perdono 300 euro al mese: una botta! 

Sono questi la società e il lavoro che vogliamo? Vogliamo cedere al pessimismo che non si possa fare niente? Direi proprio di no… è un altro - l’ennesimo - caso in cui si arriva all’allargamento della forbice, generando sempre più ricchi (pochissimi) e sempre più poveri (la stragrande maggioranza). E’ così che si accrescono le disuguaglianze sociali, vera piaga del nostro tempo. In questi termini, faccio mie le parole che Papa Francesco ha pronunciato recentemente in un suo intervento: 

“Constato che si levano voci, soprattutto da parte di alcuni 'dottrinari', che cercano di 'spiegare' che i diritti sociali sono 'vecchi', sono obsoleti e non hanno nulla da apportare alle nostre società: in tal modo confermano le politiche economiche e sociali che guidano i nostri popoli all'accettazione e alla giustificazione della disuguaglianza e dell'indegnità".

Questa crisi è anche un problema di immagine per Fondazione Sacra Famiglia. Non solo di immagine. Anche oggi ho toccato con mano quanto questa vicenda sta incidendo profondamente e, al di là di ciò che dicono i numeri, non andrebbe sottovalutata.

C’è un clima funesto. Rapporti tesi, anche tra gli stessi lavoratori, tutti contrariati per quanto sta succedendo e divisi su come affrontare la questione. Alcuni mi hanno confessato l’intenzione di usufruire di Quota100, per potersene andare il prima possibile. Tutto molto diverso da ciò che accadeva negli anni scorsi, con tanti ex-dipendenti che tornavano, anche solo come volontari, per l’attaccamento agli ospiti e a un pezzo della loro vita.

Il valore aggiunto di Sacra Famiglia, da sempre, è quell’umanità delle cure, la strana sensazione di essere in un ospedale senza sembrarlo, quel senso di comunità - pare di stare in un paese - armoniosa e serena, dove i dipendenti a loro volta sembrano ingaggiati in una missione di valore superiore. E dove da sempre c’è un grande senso di appartenenza: quando hai lavorato in Sacra Famiglia te lo senti cucito addosso...

Ci rendiamo conto o no che è proprio questa cosa a essere messa a repentaglio e che rischiamo di perdere? 




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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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