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venerdì 10 dicembre 2021 - 16:09:30

Alcuni Elementi sul Possibile Rilancio della Scuola Paritaria "Maria Bambina"



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Si sta ragionando nel merito del rilancio della scuola paritaria “Maria Bambina”. 
 
Premesso che l’amministrazione cercherà di fare quanto nelle sue possibilità per lo scopo, credo che alcune riflessioni siano d’obbligo. 
 
Il tortuoso cammino prende le mosse da un annuncio di chiusura da parte delle suore, segno delle difficoltà palesate nelle scorse settimane e della mancanza di una prospettiva ritenuta credibile da parte dell’ordine religioso che fornisse adeguate garanzie. 
 
Il ridotto tempo a disposizione certamente non aiuta. E’ stato annunciato un Open-Day e a gennaio bisognerà ragionare di iscrizioni. 
 
Per un quadro più completo si aggiunga che sul tavolo non ci sono, al momento, diverse alternative tra cui scegliere: la parrocchia sta lavorando a una proposta, nel segno della continuità della precedente esperienza e del suo “carisma”. Non è una critica, anzi ben venga che vi sia almeno questa disponibilità. Non era scontato. Però è giusto rendere il quadro in cui la parte pubblica è di fronte a un unico scenario, in cui non ha ruoli decisionali se non di supporto a scelte di terzi. 
 
L’amministrazione comunale ha avuto una parte nel sensibilizzare rispetto alla rilevanza e al valore di questo plesso nel contesto locale. Probabilmente ha contribuito, nei giorni successivi l’annuncio delle suore e soprattutto grazie al consiglio comunale d’urgenza, a far desistere alcune prospettive di diversa natura circa il destino degli spazi.

Il possibile rilancio della scuola paritaria dipende solo in ultima istanza dal comune di Cesano. Questo deve essere il punto di partenza. 
 
Siamo messi di fronte al fatto compiuto – lo dico con grande rispetto – che si sta lavorando ad una proposta che ha come presupposto la natura privata dell’iniziativa, nel solco dell’ispirazione cristiana dell’esperienza originaria, come noto fortemente voluta da Mons. Pogliani, nella stessa struttura che è diventata di proprietà della Fondazione Istituto Sacra Famiglia. 
 
Al comune non è chiesto un ruolo attivo, con la possibilità di individuare soluzioni, ma di siglare una convenzione cui legare, tra gli altri aspetti, un contributo più cospicuo rispetto all’attuale.  
 
Visto che si fa da più parti riferimento alla questione ideologica - tutti ne coltiviamo una, anche affermare di non averne è un'ideologia -, penso sia corretto e trasparente esprimere ciò che penso in termini generali. 
 
Credo che lo Stato debba fornire ad ogni cittadino la possibilità di studiare e formarsi in scuole e università pubbliche di qualità. Come previsto nel tracciato costituzionale, riconosco la libertà di potersi avvalere di scuole private/paritarie. Purché, però, non servano per supplire posti pubblici che mancano. Devono essere una scelta libera, non legata a carenze strutturali. Lo Stato non può e non deve essere manchevole in un ambito così delicato e vitale. 
 
Nell’ottica della sussidiarietà, inoltre, trattandosi di servizi che sono spesso in perdita per loro natura, contemplo la possibilità di un supporto, anche economico, di natura pubblica. 
 
Su questo però dobbiamo intenderci. Va precisato che non c’è nessun obbligo da parte dei comuni di sostenere una scuola paritaria. Proprio in questo settore non bisogna dimenticare che esistono cospicui finanziamenti statali provenienti direttamente dal MIUR e pure alcune misure di origine regionale che andrebbero sommate a quanto erogato dai comuni. 
 
E’ vero che ci sono enti locali più generosi di noi, ma è vero anche che c’è chi non contribuisce per nulla e chi  per poco: ho verificato che la città di Milano, ad esempio, distingue tra scuole dell’obbligo e non, e che alle scuole dell’infanzia destina risorse pari a 50 euro/anno – bambino. Una scuola con 80 bambini, quindi, riceverebbe un sostegno nell’arco dei 4.000 euro, ben lontano dalle cifre messe a disposizione da codesta amministrazione. 
 
In termini generali, ed emerge anche in questa vicenda, ci sono due elementi, peraltro tra loro collegati, che vanno considerati nel rapporto del comune con il terzo settore ed il privato (volutamente distinti).

Il primo: i rischi. Valuteremo con attenzione il piano economico finanziario che ci verrà proposto e garantisco che siamo animati dalla volontà di far ripartire, solidamente, la scuola. Tra le condizioni che porremo come amministrazione ci sarà una corretta ed equa imputazione dei rischi dell’operazione. In ogni settore, laddove si prevede una collaborazione con il pubblico, le voci di rischio vanno ripartite tra l’ente ma pure del privato, sia esso un imprenditore o un’associazione che si propone per la realizzazione di un’iniziativa sul territorio. Il comune può assumere una parte dei rischi, non la totalità. 
 
Questo principio trova applicazione anche nel caso della scuola paritaria “Maria Bambina”. Si è detto che l’attuale gestione genera una perdita: questa non può essere coperta interamente dall’ente e la cordata dei proponenti dovrà farsi carico di una parte delle incognite che l’operazione comporta. 
 
In altri termini, il comune non è spaventato dal sostenere il nuovo corso della scuola ma si preoccupa semmai che questa proposta abbia solide basi e che non dipenda strettamente – e magari in misura crescente – dal possibile contributo comunale. 
 
Il secondo: la negoziazione. Uso volutamente questo termine, perché è ciò su cui si basa il modello lombardo della sanità. La Regione non governa la sanità, ma negozia con il privato rispetto alle prestazioni sanitarie. Uno dei grandi limiti di questi anni è che non si è partiti nella programmazione sanitaria da un’approfondita analisi dei bisogni, ma da ciò che gli operatori del settore potevano mettere a disposizione (esempio operazioni per valvole cardiache, al netto degli scandali). Il codice del terzo settore, similarmente, vede un rapporto alla pari tra l’ente pubblico e gli enti, siano essi associazioni, fondazioni, cooperative (ovviamente qualificate da una serie di requisiti e paletti). Si parla di copianificazione e coprogettazione, che pur in un ambito completamente differente (e con soggetti non paragonabili, ça va sans dire), richiama il concetto di negoziazione. Sicuramente un modello interessante che nobilita queste realtà e che riconosce che il settore pubblico non è depositario di saperi e conoscenze esclusivi, soprattutto in ambito sociale. Vero! 
 
Vedo però un’enorme limite di fondo in questa concezione: il pubblico perde il suo ruolo di regia, di coordinamento. A volte si appoggia eccessivamente alle competenze che trova fuori da sé svilendo le proprie e snaturando la propria visione. Tornando alla scuola paritaria, noi non vogliamo solo essere coloro che, quota-parte, finanziano l’iniziativa, soprattutto per la delicatezza di un’agenzia educativa così determinante. 
 
Come si è fatto notare, in questo momento la scuola “Maria Bambina”, al di là del suo valore storico, della possibilità che offre rispetto a una scelta di tante famiglie del territorio, supplisce a una mancanza di posti nelle scuole dell’infanzia pubbliche del territorio
 
Su questo credo che saremo chiamati a delle riflessioni perché, nonostante vi sia negli ultimi anni un leggero peggioramento nella denatalità, da tempo il comune su questa fascia etaria è strutturalmente carente. Non a caso abbiamo diverse sezioni con tanti bimbi, numeri difficilmente conciliabili con l’esigenza di seguire al meglio gli alunni con bisogni speciali. Sta passando un treno che si chiama PNRR. Chissà che non ci sia qualche opportunità anche per noi.



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Inserito da Simone Negri in Cesano - Lascia un commento prima dei tuoi amici - Stampa veloce crea pdf di questa news

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